martedì 13 settembre 2016

C'era una volta.

Torno sul tema delle "assenze". Quando l'orizzonte si restringe e diventa un confine insuperabile, ogni mancanza, ogni lontananza è un ago sottile nella carne e nell'anima. Ci si interroga, i dubbi hanno necessità di essere lacerati, si esige finalmente la verità da se stessi e dalla vita. Ma è un sentiero impercorribile, impervia scalata tutta in salita, il terreno è accidentato, sconnesso e il panorama che si scorge non sempre rinfranca l'occhio. Balzano i ricordi, dalle pietre e dai grovigli di rovi, balzano le immagini di momenti felici, di volti infantili, di capelli arricciati tra le dita come fossero anelli, di risate festose e scrosci di lacrime, brevi tempeste da placare con un bacio. Si susseguono nella pellicola mentale fotogrammi scomposti, cronologicamente disorientati; eppure così sanguigni, vitali, che vengono fuori, sfiorano, accarezzano: li afferriamo, ne respiriamo l'odore. Si fanno presenze di carne.
Non v'è altra maniera, non ne conosco altra.

C'era una volta.


C'era una volta un fiore
lanciato dal cielo e dal vento
ad arrossare le guance dell'isola
ed elfi e fate intrecciavano giochi
tra le spume verdi d'erba e di mare.
Uno soffio d'aria calda ne colse uno
e lo portò in volo all'isola lontana
ai piedi del vulcano gentile lo poggiò
e qui si aprì al sole, selvaggio e festoso.
Piccola erica, cuore di brughiera.


Donegal - copyright

Holger Leue



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