Certo, i giorni sono
contrassegnati dall’euforia delle feste. Così pareva che fosse negli anni
passati, un’ascesa verticale verso la stella puntata sulla cima dell’albero e
di sotto, alle radici finte se ne stavano accatastati i pacchi strenna. Si
viveva con la testa nascosta tra i peli candidi della barba di un Babbo Natale
tanto fasullo quanto osannato e chiassosamente cercato. Poi sono arrivati
scoppi che non sono di petardi e sono proprio accanto a noi, ci sfiorano quasi,
perché anche se già c’erano, erano distanti e non riuscivano a scalfire le
barriere di ghirlande e festoni luccicanti, c’eravamo trincerati, con zelante
affanno a tenere fuori tutto il resto. Poi è arrivato il mare carico di morti,
di bambini morti e non erano bambole e pupazzi rotti dai giochi violenti dei
nostri bambini. Poi sono venuti allo scoperto i ragazzi, a migliaia, ogni sera
puntualmente, a raccontarci i numeri della loro disperante solitudine e indegnità,
i ragazzi che ciondolano in ciabatte per casa aspettando una mail, una
telefonata che ritarderà, forse all’infinito. I ragazzi che escono, di sera,
con i pochi soldi in tasca frutto di lavoretti precari o di striminzite e
dolenti elargizioni dei genitori, e se ne stanno a raccontarsi le loro vite,
gli occhi accesi di vino e di sogni che non vogliono evaporare nell’alcol. I
ragazzi che rientrano a casa e si ficcano a letto, stremati dalla fatica di un’altra
notte che annuncia un altro giorno da vivere.
E succede che qualcuno di
questi ragazzi si perde per strada, camminando verso casa guarda al
cielo ed è talmente buio che gli cade addosso e sembra un macigno e, allora, c’è
una piccola luce nel nero velluto della notte e ha proprio l’aspetto di una
stella e le corre dietro. Ma è una stella sbagliata, è solo il crudele miraggio
dei suoi occhi offuscati, della sua anima fragile. Se ne va, così, scompare
lieve nella notte, lasciando una traccia lucente, come di brina sull’erba, in
questi giorni di dicembre.
Questi sono anche i
giorni dell’inizio dell’Anno Santo, del Giubileo della Misericordia, così ha
scelto di chiamarlo il Papa. E ci crede sicuramente, lui è un uomo di fede, un
uomo pio e deve credere nella bontà di disegni divini per l’uomo e nella bontà
ritrovata da parte dell’uomo. Io no, non vedo misericordia in questo mondo. Non
vedo l’avvento di un’era di misericordia. E non parlo di quella di Dio, non mi
compete, appartiene alle cose trascendenti e io non ho in me niente di
trascendente, sono immersa nella terra, ne assaporo il gusto friabile e aspro.
Io non credo nella misericordia degli uomini, i loro cuori hanno la consistenza
e la forma delle banconote, non sono cuori che pompano vita. La misericordia
divina, se ci sarà, se vorrà avventurarsi tra noi, avrà un bel da fare, dovrà
combattere a muso duro contro gli esseri umani. E questa sì che sarebbe una
guerra bella: sarebbe la guerra dei miracoliPieter Brueghel il Giovane,Le sette opere di misericordia, 1616 ca,
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