domenica 14 giugno 2015

Accade così

Nelle nostre vite c'è poco spazio, sono diventate stretti corridoi ove, a malapena, stentiamo a districarci tra le masserizie accumulate, tantissime inutili, roba di scarto che non ci servirà più, ma che non abbiamo il coraggio di portare al macero. In quello spazio fragile e costretto, poco possiamo ancora ammucchiare e releghiamo nell'incertezza troppe cose ritenute poco fruibili. Non sono oggetti, però, sono umanità e affetti, pezzi di noi stessi, di quelli che eravamo un tempo e che abbiamo scelto di non essere più. Accade così di non accorgersi degli altri; diventano, giorno dopo giorno, invisibili. Le loro pene non varcano la soglia della porta, non sentiamo il loro passo stanco e le parole taciute per pudore, per paura di non compiacerti. Accade così di sbarrare l'accesso a un fratello o a una sorella, a un amico, a quell'altro che non siamo noi e verso cui proviamo, non più empatia, ma tedio e indifferenza. E spesso non lo sappiamo neppure che il germe dell'apatia ci si è insinuato dentro, silenzioso e asintomatico.
Accade così che, sotto casa, nel verde smagliante di giugno, nel parco garrulo di rondini al mattino e di flebili chiù al tramonto, un uomo qualunque, in una notte di giugno, muoia. Arrostito da un fuoco senza nome, proprio come lui. Un barbone, uno dei tanti che dormono per strada, abbrancati alla bottiglia vuota, nel fetore del loro piscio che schivi di fretta, voltando la testa. E magari quell'uomo ti è stato vicino per un attimo, ti è passato rasente e tu lo hai fissato e lui pure, per un attimo vi siete incrociati. E dopo? Il dopo non c'è, non ha un nome quell'uomo, è insignificante, un altro pezzo d'umanità spazzato dalla ramazza impietosa.
Accade così e il dopo non c'è. Soltanto un guizzo, una fiammata improvvisa, come in quella notte di giugno, che ti avvampa, ti brucia dentro e tu sai che questo fuoco un nome ce l'ha ma lo dimentichi presto,  lo riponi via.

Foto di  Mario Dondero

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