mercoledì 17 dicembre 2014

Un'omelia? No, uno sberleffo.

Oddio, non è poi tutto tempo gettato alle ortiche, quello impiegato a beccare qua e là nell'aia sovraffollata dei social. Si possono apprendere tante cose degli umori vaganti, tante manie e piccole e grandi fobie degli sconosciuti nomadi che ci accompagnano, accostandosi precariamente a noi nello spazio di un commento. Non è necessario avere grande familiarità con la psicologia per capirne le motivazioni e, spesso, le frustrazioni.
Da ieri, come recentissimo esempio, dilaga una querelle sullo spettacolo offerto dalla Rai in cui Roberto Benigni ha fatto da mattatore, esibendosi in una personalissima interpretazione dei Dieci Comandamenti. Apriti Cielo! è proprio il caso di dirlo, le critiche negative, accanto agli elogi entusuastici, si sono sprecati. Delle lodi sperticate non sto a parlarne, le lodi verso altri, annoiano i più. Mi soffermerò invece sulle critiche. Gli si è attribuito di tutto e di più, dalla reità per avere ottenuto un compenso stratosferico, all'atteggiamento compiaciuto, quasi mellifluo, dei toni e delle parole allorquando il tema di uno dei comandamenti gli permetteva di trovare analogie con la società contemporanea, in particolare con la vita politica in Italia e con tutto quello che ne consegue e che ben conosciamo, purtroppo. Lo si è tacciato di cinismo, opportunismo, superficialità. Concordo con chi ha scritto che i temi dell'attualità che oggi ci affliggono così funestamente, non sono da riderci sopra. Ma ecco dove, secondo il mio umilissimo parere, consiste la svista, ecco dove l'obiettivo non ha messo a fuoco l'immagine: Roberto Benigni non voleva la risata facile, a bocca spalancata, no. Voleva, invece, il sorriso triste e disincantato, ma anche ferocemente irriverente, quel sorriso che è un'unghiata alla faccia corrotta del potere. Come a dire, badate bene, voi della politica, voi sbruffoni e maneggioni, badate bene che sappiamo chi siete e non vi permetteremo di prenderci ancora a lungo per i fondelli. Ecco, secondo me, il tono di Roberto Benigni, era quello di uno sberleffo, del pernacchio di Eduardo e di Totò. L'unica arma che il popolo minuto è in grado di sguainare sotto il naso arrogante del potere.
Concludo questa mia riflessione con una breve notazione che, in verità, è una richiesta di chiarimento: ma perché, in molti utenti di Fb ( anche in insospettabili signori e signore dal piglio autorevolmente intellettuale) è diffusissimo il ricorso alla scrittura in caratteri maiuscoli, quando vogliono esprimere un concetto particolarmente a loro congeniale e caro? Che io sappia, Fb non ha un sistema audio e quindi è inutile fare la voce grossa; che io sappia chi è affetto da sordità, non  sentirebbe neanche a pochi centimetri e chi invece non lo è, non gradirebbe il vostro urlare; gli unici a beneficiarne potrebbero essere quelli, come me, affetti da gravi problemi alla vista. Grazie, ne facciamo volentieri a meno.

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