domenica 7 dicembre 2014

Lettera d'amore

Molti anni or sono ho trascorso alcuni mesi della mia vita a Roma. Ero una ragazza con la testa piena di sogni e gli occhi assetati di bellezza. E la bellezza la scoprivo ogni giorno nel mio girovagare, quando ero libera dagli impegni di lavoro, per le strade della città, nei Musei e nelle Basiliche, nelle scalinate; la scoprivo affacciandomi a piccole piazze nascoste da palazzi imponenti, quasi delle corti che custodivano,a guisa di scrigni, un gioiello al centro; la scoprivo passeggiando nei pressi di S. Pietro in Vincoli, in un silenzio autunnale con la sola compagnia del frusciare delle foglie; la scoprivo, recandomi di sovente a ristorare cuore e cervello con la perfezione della Piazza del Campidoglio che mi estasiava per l'armonia delle proporzioni, lasciandomi smarrita nel tramonto; e ancora, addentrandomi nel ghetto ebraico che conservava, allora, botteghe e signori dall'aria seria seduti sulle sedie davanti all'uscio dei negozi. Camminavo senza una meta precisa, non avevo mappe, non ce n'era bisogno, Roma era pronta ad accogliermi, era là protesa incontro a me, generosa nel mostrarmi l'incanto delle sue pietre. Io intanto accaparravo , mettevo da parte, per il futuro distacco, tutta quella ineguagliabile grazia. La sentivo talmente mia la città che non riuscivo a scorgerne altro. Sì, era anche la Roma caciarona, era la Roma spocchiosa che, spesso, debordava dalle voci dei suoi cittadini, era anche questo. Ma non mi importava, non ascoltavo, i miei sensi erano assopiti, esisteva solo quello della vista e mi abbagliava. Sono tornata altre volte a Roma, non più sola, ed è stato diverso. La spartivo con altri e godevo poi dello stupore negli occhi dei miei bambini e di chi ne conosceva gli aspetti più noti. Mi è rimasta nel cuore, non è la mia città natale, ma è come se lo fosse.
Oggi, leggendo quello che le si è rovesciato addosso, tutto il putridume accumulato da uomini sudici della politica e da criminali protetti in un intreccio puteolente di affari e di pecunia, provo un dolore sordo, una collera fredda che mi bruciano e raggelano. Mi chiedo come sia potuto accadere, mi chiedo quanti silenzi colpevoli ci sono stati e tuttora ci sono. Poi ecco, rifletto e allora tutto si fa chiaro, si illumina di una luce sordida: Roma è la capitale, Roma è il serbatoio, Roma è la custode dei tesori d'arte; ma è anche la custode delle turpitudini, delle oscenità taciute. Roma è un enorme specchio che rimanda a tutti la visione di quello che siamo diventati, un unico smisurato immondezzaio.
Addio, mia bella, addio. Un tempo eri caput mundi, oggi sei caput immundi.
Spero, con amore, che la tua bellezza possa ancora salvare te e tutti noi.

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