martedì 5 marzo 2019

Dall'odontoiatra o sul bus, parole.

E sì, noi italiani siamo viziosi. Godiamo di tutto, siamo dei sibariti, ci ingozziamo di letizie culinarie,  di leccornie sessuali, di bocconcini artistici, ingurgitiamo quintali e quintali di parole di parolai, ingurgiteremmo ingordamente  anche i parolai,  se potessimo. Abbiamo molti viziacci è vero: abbiamo la Bellezza del mondo o quasi e allo stesso tempo le strade che franano per le buche che vi si aprono, i marciapiedi da rottamare assieme a qualche politico, ponti e paesi che si sbriciolano, i mari che sono diventati riserve innaturali di scorie e monnezze. Però a noi qualcosa ci salva sempre ed è la chiacchiera, il brusio, il cincischiare della lingua, lo sproloquio e l'eloquio.
Le nostre giornate sono scandite dalle rivelazioni folgoranti di critici, cultori, studiosi serissimi e cercatori d'oro: come il pane e i torinesi alla trattoria rionale, ce li ritroviamo a pranzo e a cena con noi, a volte anche a colazione, si fa subito il punto qui da noi, si mettono dall'alba le carte in tavola, eh!
E questo quando ce ne stiamo davanti alla tv. Ma la chiacchiera più coinvolgente, quella che non lascia via di fuga, ormai, avviene qui, lo sappiamo bene. Non si scappa, no. E chi ne ha voglia? Siamo nella sala d'attesa dell'odontoiatra che ritarda a tormentarci e allora tutti giù a leggere, a compulsare il social prediletto; o sul bus, o nelle pause di lavoro, nel cesso se c'è un minimo di privacy consentita. E sui social ci si imbatte nello studioso acuto che discetta sull'ultima fatica della Rai, "Il nome della rosa" facendo il pelo e il contropelo, garbatamente e dottamente, a Umberto Eco; oppure caschi nella diatriba su Zingaretti - ha fatto bene o male ad andare, come primo gesto da segretario neoeletto, a Torino a discutere di Tav, invece che correre a sostegno dei diseredati, che so, in un campo nomadi? -  e vuoi che manchi il mot d'esprit salace del giovane barbuto pentastellato? O ancora, ti imbatti nelle sdegnate recriminazioni nei confronti dell'odiatissimo Fabio Fazio e della sua intervista paracula a Macron (anche lui, ovviamente, paraculo).  Per non dire dei soliti Camilleri e Saviano che ormai sono un cult, detengono il primato della diceria dell'untore.
E tu, anzi noi, lì a leggere, a condividere, a replicare, a esprimere rabbiosa stizza  o ridente  approvazione, secondo le corde che vengono toccate.
Tutto questo scrivere, spesso con munificenza di erudizione, si blocca, altrettanto spesso se non sempre, quando gli eventi che accadono accanto a noi sono intrisi di disperazione, sporchi di sangue e di dolore. La realtà del nostro tempo, la quotidiana ferocia della vita di molti esseri umani, viene lasciata dov'è, nella sporcizia della miseria e della sofferenza.
Così resistiamo, così ci salviamo. Con i nostri amatissimi vizi, molti carnali, tanti spirituali. E con quello che svetta più in alto, il più silenzioso dei vizi, il più accettabile perché il più banale: l'indifferenza. Via, quindi, al teatrino dei pupi, lasciamoci tirare per i capelli, strabuzziamo gli occhi, inchiodiamo le orecchie alle parole, dette e scritte: purché parlino di persone, morte o vive non importa, che ci distolgano da quello che c'è oltre la porta di casa nostra. O dello studio dell'odontoiatra.


Lucien Freud "Portrait" 1980

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