mercoledì 1 agosto 2018

Me molesta..

Qualche giorno addietro ho detto a un'amica che sentivo la necessità di scrivere , lo faccio di frequente, parlo tra me et moi, parlo a chi ha piacere e cura di prestarmi la propria attenzione.
Sono giorni di fastidiosi , nauseabondi incontri, l'atmosfera è tutta satura di velenose scorie, una poltiglia purulenta di afa e di tossiche parole a stillicidio e a raffica di mitraglia, su queste pagine infette, sui media. La tossina è, come spesso accade, quella rilasciata dall'infestante erba dell'ipocrisia. A tutti i livelli, in tutte le bocche o quasi. C'è la volontà malefica e imperversante di negare l'evidente declino della civiltà fin qui, faticosamente e non del tutto compiutamente, acquisita. Negare che in questo Paese, in questo momento storico sciaguratissimo, vi siano segnali allarmanti di xenofobia, è roba da pornografi che si battono il petto in confessione, di mercanti che fanno la cresta a clienti e allo Stato e piagnucolano al Tempio. Menzogne alle quali i più aderiscono con complice esaltazione pur sapendo che il vero sta altrove. Io leggo e ascolto e il fastidio mi cresce dentro, mi brulica addosso, tanto da non riuscire a essere la donna spontaneamente ironica che sono sempre stata. Il fastidio cresce, aumenta, dilaga dentro di me, mi annienta. E così si acuiscono le intuizioni, si decuplicano le antenne sensitive e mi allontano quando la molestia diventa intollerabile.
C'è un aspetto, in particolare, in tutto questo movimento di pensieri e parole che mi disgusta ulteriormente ed è l'atteggiamento tenuto nei confronti dell'attualità da alcune " perle" del web. In particolare da quelli/e che si definiscono o vengono acclamati quali poeti. E magari, chissà, lo sono. Ma il loro dialogare, sovente quotidiano! per versi e per palpiti  asetticamente roseo, è rivolto all'estremizzazione dell'io, anche se appunto palpitante d'amore e di bellezza e di platonici oppure carnalissimi slanci. In passato, talvolta, sono calati dall'Empireo amoroso giù, ad aggirarsi negli angiporti dei miserabili, ma era sincera commozione? Era partecipazione del cuore e dell'anima? Perché chi scrive e in special modo, chi ha un seguito di fan, di estimatori, di adoratori ben cospicuo, dovrebbe avvertire l'imperativo morale di levare la propria voce, di parlare, di gridare il proprio sdegno. Forse non è facile, forse si dispiacerebbe a qualcuno, forse gli adoratori vogliono esattamente quello che leggono, non altro, non in quelle pagine, non da quella voce vogliono altre parole. Peccato. A mio avviso ( mi sbaglierò, sì) la loro credibilità sbiadisce, s'accuccia scodinzolante e fedele alle attese.
Io no, io leggo le parole dello sdegno e della pietà; altro, oggi, mi annoia. O, come si dice in un idioma che mi è sempre più caro, me molesta.

Frida Khalo "Diegp nella mia mente" 1943

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi