sabato 20 gennaio 2018

I fatti di gennaio.

Questo mese di gennaio ha visto parecchie cose  accadere sotto la sua luce scialba e corta.
A Milano, in città e  non nell'enorme hinterland operoso e formicolante di aziende e fabbriche, si è svolta una tragedia, triste e disperata e neanche tanto inusuale ormai: quattro operai sono rimasti uccisi per le esalazioni di gas tossici, azoto e altro, mentre ispezionavano un vano sotterraneo della loro fabbrica. Quattro uomini, di mezz'età per lo più, quattro operai e voglio dirlo con forza, voglio ricordarlo ancora, "operai". Probabilmente uomini che avevano cominciato a lavorare in fabbrica da ragazzi, e i loro turni duri se li erano sudati come gli stipendi, i salari si diceva un tempo, fino a diventare negli anni operai specializzati. Che è un orgoglio, un bell'orgoglio per chi s'è messo addosso la tuta da poco più che bambino. E sempre con il sogno che poi, alla fine, arriva l'età della pensione e ci si riposa e si vive come si vuole, per quello che resta da vivere (e oggi neanche più questo, ché forse non c'è più neanche quel tempo da sperare e sognare). Ora sono morti, se ne sono andati in una mattina di gennaio, a Milano, se ne sono andati già sotterrati.
Un altro fatto accaduto non meriterebbe parole, ma a me sembra invece una necessità affermare che non siamo più tolleranti, noi uomini e donne giusti, verso chi parla di razza, per chi fa proclami sui "nostri" diritti che invariabilmente non sono i diritti degli altri. Quanto mi è chiaro questo concetto, quanto mi è odiosamente noto! E quanto dovrebbe essere insopportabile, vergognoso discuterne ancora. E no, invece no.
Poi c'è la notizia, anch'essa di pochissimi giorni fa, dell'arresto a Prato di un boss mafioso, terribilmente pericoloso, un criminale alle cui dipendenze lavorano in molti, taglieggiando, picchiando selvaggiamente chi si rifiuta di pagare l'obolo richiesto, uccidendo se occorre, truffando, prostituendo , spacciando droga. E il malvivente, il boss simile a un Riina d'antan - così lo ha definito Mentana- è un cinese residente da un pezzo nel nostro Paese. Del fatto non ho sentito nessuna eco sdegnata. E allora mi sono chiesta; "e se si fosse trattato di un ghanese, di un senegalese, di un nigeriano? o di uno di quei furfanti magrebini? Ci sarebbe stato lo stesso silenzio?"  No, non credo.
A conferma del fatto che l'italica gente ha scoperto di temere come e più delle antiche pestilenze l'uomo che viene per mare su catorci di barche, mi si aggiunge la notizia di un altro comune, Cascina (PI) per anni feudo, come si dice in politichese, rosso. E oggi ridestatosi dal lungo e sinistro letargo per abbracciare, fisicamente e ideologicamente, la giovane sindaca leghista. Abilissima, a onor del vero, straordinariamente talentuosa, tanto da aver convinto la cittadinanza a rigettare qualsiasi idea prossima all'integrazione e alla solidarietà, scegliendo un diffidente e fiero senso di appartenenza, appunto, a una razza, a una cultura, a una religione. Ovviamente tutto senza essere razzisti, come prontamente si premurano di assicurare gli intervistati.  "Ci premuniamo, ci proteggiamo"  Peccato che a Cascina non si sia verificato un solo reato che abbia avuto come attore protagonista un migrante.  Però certo, è sempre meglio pensarci prima.
Allora mi interrogo ancora e mi sembra di trovarla una risposta ed è sempre quella: la paura. La paura, sì, di vedere il nostro mondo sgretolarsi, le nostre abitudini svanire o mutare, la nostra cultura, quella folcloristica del quotidiano vivere, costretta a subire i contraccolpi di una contiguità o peggio di una promiscuità imposta. E non solo queste possibili  ansie. Mi viene in mente la canzoncina antica e crudele che si cantava ai bimbi poco remissivi "e se viene l'uomo nero (...)" L'uomo nero, l'uomo che si confonde con l'oscurità, l'uomo che viene da luoghi lontani e sconosciuti. Paure ancestrali che affondano le radici in un medioevo della mente e dell'anima, l'Uomo Nero, l'antropofago provvisoriamente redento dal grande cuore bianco.
Ecco, questi sono alcuni degli eventi di questo mese di Gennaio che sta per finire.
C'è anche un fatto buono, sì, e va ricordato. Il Presidente Mattarella ha nominato senatrice a vita la signora Liliana Segre, ottantasettenne, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti e vittima delle leggi razziali promulgate proprio ottant'anni or sono da Mussolini e firmate da Vittorio Emanuele III. Un segnale, in questo momento di smemorato arretramento, indubbiamente significativo.
Bene o male questo è stato gennaio 2018, per me e anche con qualche personale rabbia e angoscia, così l'ho vissuto, così lo ricorderò. Con le ciliegine di Trump a guarnire tutta la squisitezza di questa balorda torta. Ma quelle non mancano mai.

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