venerdì 12 febbraio 2016

Innocenti pecorelle.

E io non mi arrendo al silenzio, non sopporto questa coltre pesante, imtossicante, impolverata di scorie stantie, che incombe. Mi sento soffocare e allora parlo, o meglio scrivo. Perché, ed è una piccola chiosa a quello che ho scritto ieri, chi ama la scrittura non può astenersi dalla partecipazione alla vita, di cosa scriverebbe? Di sé, delle proprie emozioni, dei sentimenti che lo animano, certamente. Ma anche di quello che ruota attorno a lui, della vita che, e non può prescinderne a meno di segregarsi fisicamente e spiritualmente, lo afferra e lo trascina insieme a tutti gli altri. E invece sento il silenzio di molti su molte cose. Su una in particolare, quella parola schiacciata e umiliata da sempre, in molte vicende: verità. Verità sulla morte di Giulio Regeni, verità sulla morte di Luana Ricca, una giovane e brillante laureata in medicina. con tanti titoli da presentare, morta suicida per disperazione, perché non tollerava più la mortificazione del proprio merito. Il silenzio è difficile da sconfiggere, è un drappo funebre incollato alle vittime, come nelle tante, troppe, vicende italiane rimaste nell'oscurità della dimenticanza.
Il silenzio che si spezza, però, in questi giorni festivalieri. Ed è uno spettacolo comico, una pochade della belle époque in cui si assiste all'entra esci dei post - la stessa rapidità istrionica degli attori di quel genere - post nei quali, illustri signori e amabili signore, si spezzano le unghie sulla tastiera dei loro pc o si fanno venire i calli ai polpastrelli strisciando sugli smartphone, per gridare con foga la loro indignata protesta contro chi, eventuale Giuda traditore delle più eccelse Arti e del più erudito sapere, confessa candidamente di seguire lo spregevole Festival della canzone trasmesso in tv. Ho letto parole davvero "forti" quali: aborro, disprezzo, odio. Per un Festival, per una selezione di canzonette. Diceva bene Bennato "sono solo canzonette"  e come tali vanno valutate, senza spargimenti di cenere sul capo, senza strapparsi i capelli. E questi prodi fautori della sublimazione delle Lettere, questi integralisti fautori della Verità della Bellezza, questi strilloni vanagloriosi di se stessi e della Cultura, sono gli stessi, ma proprio quelli giuro, che tacciono sulle tante cose sulle quali il silenzio non dovrebbe scendere mai. Io lo chiamo il silenzio degli innocenti, ma non perché li reputi tali, innocenti non sono, ma perché, come nel famoso film ( e come nel meno famoso romanzo ), gli innocenti sono agnelli, pecore. E le pecore belano tutte insieme e camminano insieme.

Giovanni Segantini "La tosatura"  1886 - 1887

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