lunedì 2 novembre 2015

Non assenza, presenze.

Qui da noi, in Italia, oggi si commemorano i defunti. Che alle mie orecchie ha un suono orribile, lugubre, di carne e ossa sfatte sotto un metro di terra. E si commemora, oggi, anche la morte di un Poeta, Pier Paolo Pasolini. E ne parlano tutti, ognuno con i propri ricordi, alcuni con toni di sincera commozione, altri con l'enfasi che vuole l'elogio e l'approvazione. Si citano i suoi scritti, le sue poesie, i suoi film; il web è inondato di foto e citazioni, è una maniera per dire che è ancora tra noi, con i morti si fa così, anche nell'intimità dolorosa di chi resta, si fa così: un padre, una madre, un figlio, un amico, ci accompagnano con i gesti e le parole che li distinguevano, da noi stessi e dagli altri. Sono questi gesti e queste parole, la testimonianza che sono stati fra noi, affiancati a noi per un pezzo di strada. Le assenze non si colmano, però, con le memorie di un giorno di novembre, sarebbe un'ulteriore rinuncia, una ripulsa ingrata per chi ci ha amato e che abbiamo amato.  Io, e spero come me molti altri, tengo in serbo, serrate dentro la mia effimera carcassa, le assenze, mi vivono dentro, sono presenze sempre, ogni giorno dell'anno, ogni mese dell'anno. E così non voglio ricordare Pasolini, né per i libri, né per le parole, queste e quelli li posso ritrovare quando voglio. Lo inserisco, invece, tra i miei assenti, tutti quelli che mi sono stati vicini per un periodo della mia esistenza. Anche lui, pur se non mi è stata concessa la gioia di conoscerlo di persona, mi è stato compagno, in una lontana, luminosa e, al contempo, irresoluta giovinezza.

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