sabato 26 gennaio 2013

La nascita di un libro



Un libro, per scriverlo, devi prima sentirlo. Anzi devi vederlo, devi camminare lungo le strade che farai percorrere al tuo protagonista o alla tua eroina, come si diceva un tempo pensando alla principale interprete del romanzo; devi guardare i paesaggi che scorrono sotto gli occhi di lui o di lei; devi entrare nelle loro case, sederti alle loro tavole e dormire nei loro letti; devi innamorarti dei loro amori o odiarli con tutte le forze che hai, se loro li odiano; devi sognare i loro sogni e aspettare il futuro, così come lo aspettano loro. Devi imparare ad ascoltare le loro voci, le parole sussurrate, le grida di dolore, i pianti, i gemiti della passione e devi imparare a riprodurli, come fossi tu a emettere quelle parole, sussurri, grida, gemiti. Non è facile, bisogna perdere se stessi, bisogna diventare altro da sé e ci sono giorni, mesi, anni anche, in cui non puoi farlo, non ci riesci. Sei talmente arroccata alla tua vita, alle tue tiranniche abitudini, ai tuoi dispotici affetti, che resti sorda al richiamo di chi ti abita dentro. Poi, con il tempo, con il benevolo allontanarsi delle esigenze più pressanti, ti rivolgi a loro, li vedi, li osservi, li ascolti, i tuoi personaggi vengono fuori da te. Ed è una maniera diversa, ma sempre dolorosa, di divenire madre.

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