domenica 3 febbraio 2019

Il mio baratto

In un pomeriggio, quasi sera, di un febbraio qualunque. Perché è così, il tempo, le date esatte, il momento, non hanno valore: è sempre.



Il mio baratto. 


Potrei fare una lista
di flash nel cervello
Che s’accendono
senza interruttore
In bianco e nero e a colori
se sono vecchi o nuovi
Nuovi si fa per dire
Salgono per scale buie
-il buio delle arterie-
esplodono nelle retine macchiate
che le trattengono però
Sono abituate ai sogni.
Immagini di stanze in fila
Tante quante ne ho vissute
tante quante ne ho volute
Come le braccia tese
dei bambini accovacciati
nei giochi sulla moquette
Ridevate sempre
Se voltavo le spalle
Scrosciavate in lacrime
quanti ruscelli abbiano attraversato!
se vi guardavo negli occhi
E la cena era pronta in tavola
e i piccoli compiti assegnati
aspettavano aperti
Come le vostre bocche
ad O di Giotto perfette
La notte reclamava tutti
Le lenzuola allegre le coperte
i vetri appannati dai fiati contro il freddo
la lampada schermata che
mandava azzurro
alle pecore fosforescenti
appese alla parete sopra di voi
Calava un silenzio zitto, così zitto
che vi avrei svegliato per cacciarlo fuori
Lo stesso silenzio che c’è ora
In queste spopolate nuove stanze
una fila interminabile
un elenco
di mobili e oggetti incorporei.
Se non fosse per le tracce i segni
le tacche le ferite  le scortecciature
che le vostre intemperanze
di bambini
vi hanno apposto
-storia incisa nella storia-
li guarderei come a un nemico
Invece li elenco, li osservo,
li liscio, li curo, li lustro
E li baratto con il mio silenzio.


Berthe Morisot "Bambini che giocano" 1886



Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi