mercoledì 6 maggio 2020

Cocci.

Mi chiedo cosa ricorderò di questi giorni, mi chiedo cosa sarò io e come affronterò la vita.  Anche se non sarà poi così lunga. Non ho risposte, non ne trovo, devo rimettere al posto che gli tocca tutti i cocci. Per adesso ho solo frammenti, cocci.


Cocci.  4 maggio 2020

C’è un vaso di terracotta
smozzicato
d’ocra rotta in più punti
come la mia testa
che sta attaccata al collo
solo per rispetto del tempo
perché le resti dentro.
Sta il mio coccio tra gli altri cocci
del giardino spigoloso, arricciato
ammucchiato e croccante di foglie
sotto le suole di gomma,
le ciabatte di due mesi ai piedi
che mi impediscono di raggiungere
una strada, un sentiero, una costa.
Ho letto romanzi stravaganti
e uno magico scritto da qualche strega,
ho letto poesie  addolorate d’amore,
anche le mie parole prive di versi ho letto
distici, esametri scomposti, terzine
vacillanti per lo spavento nuovo
per il distacco rotto dalle sirene.

Ho ammazzato il desiderio, di tutto.

Ho spaccato sminuzzato le mie pene
come mandorle e nocciole
le ho amalgamate all’impasto
di ciambelle e torte infornate
perché il calore scacciasse il gelo
dalla casa e dalla vita.

Niente pensieri niente rimpianti
niente niente niente niente niente

Era il nemico da sconfiggere
il desiderio vorace e l’ansia
li allungavo con l’acqua per non
ubriacarmi di dolore nel buio
che andavo cercando, ogni sera.

Ho tenuto duro, sono stata brava
mi sono tolta le dolcezze dell’attesa.
Di un sorriso, di un abbraccio, di una fuga.

Sto qui tra i miei cocci, sbeccata
tra i ciottoli calpestati dagli uccelli
e la rosa bianca gonfia i boccioli
e l’asparago è una piuma.


Edward Hopper "Cape Cod morning" 1950


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